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Un viaggio da 233!

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Svegliarsi alla mattina, con la testa piena di pensieri, la pancia in subbuglio e non sapere perché, ma basta guardar fuori dalla finestra, dare un’occhiata al calendario, poi fermarsi un attimo e prendere coscienza che siamo giunti davvero al termine di questo viaggio.

Forse per alcuni il termine viaggio può sembrare riduttivo, un termine comune, ma non per noi, che in questi mesi abbiamo scoperto quanto sia stato “il viaggio” a guidarci, stupirci, emozionarci…noi in fondo abbiamo prenotato voli, abbiamo stilato un itinerario, riempito lo zaino di poche cose per lasciare spazio a quello che avremmo raccolto per strada, poi, tutto il resto è arrivato, con la stessa potenza del vento lasciandoci tanti nodi nei capelli da sgrovigliare, il viso rinfrescato, i polmoni pieni di aria nuova, diversa che a poco a poco è entrata in circolo, capovolgendoci e scuotendoci in ogni modo possibile ma facendoci sentire estremamente vivi, protagonisti autentici… “noi eravamo lì, pronti a captare, ingerire e assorbire tutto ciò che avremmo incontrato”, inconsapevoli del possibile cambiamento che avrebbe recato in noi.

E’ stata un’occasione, un dono, un treno su cui abbiamo scelto di salire, certi della direzione ma non del tragitto. Tragitto che si è articolato in modo autonomo, al di la delle previsioni, del “domani facciamo questo” e dei vari “questo è da vedere!”…certo, tante sono le strade che avremmo potuto percorrere, ma una è stata quella scelta per noi…ogni incontro fatto, ogni giorno vissuto, ogni piatto assaporato, ogni odore nauseato, ogni sguardo incrociato, non era casualmente li pronto ad aspettarci.

Il concludere questa avventura a New York, è stata una scelta dettata da un itinerario geografico su una cartina, ma che ad oggi si è rivelato come qualcosa di più. Qui infatti abbiamo ritrovato i risciò di Calcutta correre come matti in mezzo alla Fifth Avenue, le splendide donne indiane con i sari dai mille colori che davano luce alle giornate più uggiose, il karma e la cura per la natura dei balinesi ritrovato nelle piccole oasi in mezzo alle sculture di cemento, le scarpe inpecorate australiane e il classico “yeap” ad aprire e chiudere ogni frase, e infine la movida e la calorosità dei sud americani, visibile anche qua ad ogni angolo di strada.

Se anche avessimo scelto di programmarlo in ogni suo minimo dettaglio, non sarebbe stato così perfetto. Tutto ha superato ogni aspettativa, ogni nostra previsione e anche la nostra stessa immaginazione…

“Confusi e felici” , con la voglia di raccontarsi e di raccontare, con un piede indietro ed uno avanti, con l’emozione di tornare e un po’ di paura di dimenticare, con la speranza di poter trasmettere anche solo una parte della incredibilità vissuta.

Ci siamo sperimentati nell’esperienza ma senza uscirne stravolti, siamo quelli di prima ma con una mente, una cultura e un pensiero allargati, pensieri che speriamo continuino  a viaggiare oltre i confini.

……Quindi zaini in spalla e direzione CASA!!!!….

Marco e Vera sul Washington Bridge

…..Ma non pensate che sia finita qui….

Backstage!

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Come tutti sappiamo dietro le quinte di ogni palcoscenico c’è di bello e c’è di brutto, ma per scoprirlo bisogna alzarsi dalla sedia dello spettatore, ed entrare nel vivo di ciò che accade nello spettacolo.

Questo è quello che è successo un po’ a noi. Passate le prime settimane e iniziata la scuola di inglese, abbiamo cominciato a cambiare ritmo, a smettere di camminare con la testa per aria rischiando ogni volta di  sbattere contro qualcosa o qualcuno perché incantati dalla maestosità degli interminabili grattacieli.

Così abbiamo iniziato a scoprire una New York che non dorme mai, che non spegne mai le luci, dove tutto va alla velocità della luce, dove la gente calpesta gli stessi centimetri di marciapiedi tutti i giorni con la sua cup di caffè in una mano, la 24 ore nell’altra e il new york times sotto il braccio.

Brooklyn bicicletteTutto gli dice “fermati”, ma loro non possono fermarsi perché lo show deve andare avanti, perché gli angoli dei marciapiedi devono riempirsi di chioschi di hot dog e pretzel, perché le biciclette dei giovani imprenditori dandy di Brooklyn devono continuare a sfrecciare sul famoso ponte in direzione Manhattan schivando le frotte di turisti distratti, perché la 5th o la 6th avenue senza la classica fila interminabile di taxi non sarebbero lo stesso…e mentre la città si prepara al nuovo giorno, noi ci svegliamo per andare ad occupare i banchi di scuola, ed è proprio da qui, tra il present perfect e il simple past che abbiamo potuto conoscer meglio ciò che non sempre c’è dato sapere.

Una nazione che con gli anni ha perso un po’ del suo vecchio smalto, vuoi per la crisi a cui ha dato il “La”, vuoi per le guerre che continua a perpetrare negli anni senza vederne esattamente una fine, e infine che cerca giorno dopo giorno, aggrappandosi anche con le unghie, di resistere e dettar legge in un mondo dove ormai i veri padroni son diventate nuove economie emergenti, dove l’idea democratica e umanitaria non solo non è considerata ma è anche calpestata.

Questa nazione davvero ci viene da definirla estrema…estrema è l’apertura mentale con cui accoglie le multi-etnieche la abitano ma anche estrema ne è stata la lotta per l’integrazione, estrema nel cercare di rendere egualitari i diritti di ogni singolo individuo, bianco o nero, etero o omosessuale, multi etnia New Yorkebreo ortodosso o mussulmano , ma continuando a favorire una sanità e un’istruzione basata sul dollaro e sul background socio-culturale, estrema nella libertà di parola, di espressione e di culto, al punto tale di permettere ancora oggi agli appartenenti del Ku Klux Klan di lanciare quotidianamente slogan razzisti, estrema nella considerazione per meriti e non per apparenza dei suoi lavoratori fino a vietare l’esposizione della fotografia nel curriculum vitae ma allo stesso tempo capace nei colloqui di utilizzare il livello di influenza nei social network, tramite Kluot.com, come linea guida alla base di nuove assunzioni, estrema nel permettere l’accesso alla più nota e incredibile arte del mondo ad offerta libera ma allo stesso tempo proporti di pagare un carnet CityPass per le medesime cose a “soli” 99$,  estrema nel regalare green card sotto forma di lotteria a milioni di persone e poi di permetterti, se il tuo biglietto non è quello fortunato, alternative come quella di aprire un’attività con un investimento minimo di un milione di dollari o con un socio americano, o meglio ancora di trovare marito o moglie made in USA.

Come avevamo anticipato, c’è di bello e c’è di brutto, ma vi assicuriamo che questo è uno spettacolo da non perdere specialmente se osservato nella sua tridimensionalità, se guardato non solo dal basso ma anche dall’alto dei suoi grattacieli …..il tutto con occhi giusti….perché  è questo che in fondo fa la differenza.

Skyline Manhattan di notte

Così si arriva a fine giornata, la luce del giorno ci da la buona notte….ma quella di New York è ancora accesa…..

Buona Notte!

I ragazzi sono in giro!

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L’idea di dover cambiare per l’ennesima volta lingua, cultura e abitudini, non solo ci aveva preoccupati, ma anche spaventati…sarà perché il ritorno è davvero ormai vicino, sarà perché l’esperienza in Cile, pur mettendoci a dura prova, ci ha lasciato tanto, sia in termini di vita che di rapporti.

Ma poi eccoci arrivati a New York City…la “Grande Mela”!

Zaini in spalla e via subito di autobus e metro fino a Washington Heights, quartiere a nord di Manhattan, dove essendo abitato prevalentemente da domenicani, la lingua madre è lo spagnolo, cosa che ci ha fatto sentire ancora un po’ nella nostra casa sud americana.

New York è capace di incantarti al primo sguardo, con i suoi interminabili palazzi, le sue luci sfavillanti e soprattutto la sua gente.

Times SquareGente giovane, sempre in movimento, rigorosamente a passo di musica, con auricolari attaccati ad un “iQualcosa” onnipresenti un po’ per caricarsi un po’ per evitare pazzi e discussioni.

Una città dove è difficile capire chi è turista e chi cittadino, poiché i nove milioni e più abitanti che la compongono provengono da ogni angolo del mondo.

E così ti ritrovi in un ristorante thailandese, a Little Italy, a parlare in inglese ad un’amica indiana…

Statua della Libertà

Vivere a New York è come premere play e iniziare la visione di un film, fatta dalla chiassosa Times Square o da una pennichella pomeridiana a Central Park, dallo shopping sulla 5th Avenue o da una partita a basket per le strade di Harlem, dall’emozione nell’attraversare per la prima volta il ponte di Brooklyn o dal vedere il tramonto illuminare di fuoco, il cielo e il mare dietro alla tanto conosciuta Statua della Libertà.

Ti senti davvero in un film, di cui però questa volta sei tu regista e protagonista, in cui ogni giorno sei l’autore di una nuova trama.

We ♥ New York!