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Au revoir…

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Non si arriva se non per ripartire…

E’ già eccoci di nuovo in partenza, siamo pronti? No!

Tante sono le cose che ci tratterrebbero ancora qua a Madhyamgram, luogo in cui siamo arrivati ma per cui difficilmente sapremmo ritrovare la strada, dove però abbiamo incontrato una famiglia  speciale, che è stata per noi un esempio di accoglienza ed ospitalità, che non ci ha mai fatto mancare niente, sia a livello culinario che affettivo.

Le attenzioni materne di Ruma, il cucinare insieme, l’ora quotidiana di chitarra con Baban, la partecipazione “di famiglia” al grande Durga Puja, i lunghi ma illuminanti confronti e racconti sui nostri credo, e poi gli scherzi e le risate che hanno reso ogni singola giornata speciale, facendoci scoprire anche quì una nuova e piacevole quotidianeità, una routine che ci ha permesso di sentire anche questa casa, un pò la nostra casa.

Camminiamo per strada e le persone, i nostri vicini, ci chiamano per nome, ci chiedono come stiamo, e poi ci sono gli infaticabili guidatori di “ven ven” che regolarmente scroccano sigarette a Marco, e il fruttivendolo che sa già che cosa vogliamo (mele) e che come al solito gli chiedi tre e mette quattro e infine ma non per importanza ci sono i “nostri” piccoli compagni di avventure, che ogni giorno imparano nuove parole in inglese, nuovi giochi e nuove danze, e c’è chi addirittura sta imparando le tabelline.

E noi…li guardiamo, e siamo felici di averli accompagnati e stimolati nella voglia di imparare e conoscere.

Ma per con concludere in bellezza e per non farci mancare niente, ieri sera abbiamo festeggiato insieme anche il Lakshmi Puja, ovvero la festa della dea figlia di Durga, che viene celebrata il primo giorno di luna nel mese di Ottobre.

Siamo stati colti di sorpresa quando dopo essere tornati a casa da una passeggiata abbiamo visto all’entrata e per le scale delle piccole orme dipinte di bianco. Siamo saliti al piano di sopra  nel piccolo tempio di casa Smile, che Ruma aveva riempito di dolci di ogni tipo, preparati da lei, e frutta a volontà, che ovviamente non potevamo mangiare perchè era tutto in offerta a Lekshmi…ma in realtà dopo un pò di meditazione e preghiere, eccoci servire un piccolo assaggio di tutte quelle delizie.

La serata si è conclusa in allegria con fuochi d’artificio e nuovi racconti.

Non potevamo lasciarci in un modo migliore di questo…

Ora gli zaini sono pronti e noi forse un pò di meno, ma…un’altra strada si apre!

Namaste

Marco e Vera

Una forza della natura!

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Un sabato da veri “turisti per caso”.

1, 2 e 3…anzi 4, pronti e via!

Ebbene si, insieme a Nick e Livia, siamo diretti ai Giardini Botanici, che a detta della Lonely Planet meritan davvero di essere visitati.

– Ven ven (bicicletta con carretto posteriore adibito al trasporto umano)

– Treno (il solito…)

– Metro (un lusso economico…)

– Autobus (folcloristico mezzo di locomozione graziosamente pitturato all’esterno e lasciato andare alla demolizione internamente)

Insomma, dopo la nostra solita ora e mezzo di palestra, eccoci giunti a destinazione.

Appena entrati siamo stati folgorati dall’enorme distesa di velluto verde e dalle bizzarre forme arboree che ci circondavano.

Migliaia e migliaia di alberi e piante provenienti da tutto il mondo erano li, pronti per essere ammirati, contemplati e fotografati…ma fra tutti quello che più desta attenzione  è il Banyan “gigante”.

Un albero di 250 anni con migliaia di tronchi ma con radici comuni, che occupano la bellezza di 140 metri di perimetro, che gli hanno permesso di figurare all’interno del Guinness dei primati…insomma una vera forza della natura!

Nel pomeriggio abbiamo ben pensato di proseguire la visita con un giretto su un quieto specchio d’acqua con dei super romagnoli “pedalò”.

E così abbiamo concluso la nostra gita…o almeno pensavamo!

Arrivati in prossimità dell’uscita, ci siamo infatti bellamente accorti di non aver con noi la nostra macchinetta fotografica compatta da battaglia…morale, siamo tornati a ritroso sui nostri passi, speranzosi di riuscire a ritrovarla.

E invece no…niente…di lei nessuna traccia…

Ma per fortuna, volendo vedere in positivo, ne abbiamo ancora un’altra! La super mega reflex, sempre che Marco decida di farle prendere aria.

Con una bella avventura, con tante foto, ma con un a macchina fotoografica in meno, un’altra giornata se ne è andata…per fortuna che a cena ci aspettava la pizza!!! Per noi una “grassa” consolazione…

Notte,

Marco e Vera

 

P.S.

Quanto il gatto non c’è i topi ballano…ma quando c’è schiattano!!! Il gatto ha mangiato il topolino…

C’era una volta…e c’è ancora!

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C’era una volta, tanto tempo fa, una divinità femminile chiamata Durga, creata dall’unione del potere di più divinità per poter combattere, e infine sconfiggere,  un demone che regnava sulla terra, in paradiso e sugli altri mondi.

Durga un giorno si unì poi a Shiva, dando alla luce quattro figli, di cui due maschi Kartikeya e Ganesha e due femmine Lakshmi e Saraswati.

Durga, “l’invincibile” aveva  dieci braccia, ed era trasportata da un leone o da una tigre, mentre Ganesha suo figlio è un uomo con il volto di un elefante, solitamente trasportato da un topo.

Una storia che ha dell’incredibile ma per loro assolutamente autentica e reale, tant’è vero che in questi ultimi quattro giorni si sono tenuti in India e specialmente quì nel West Bengal, i festeggiamenti di questa dea, con il Durga Pujo, un festival incredibile dove vengono create per l’occasione degli enormi templi con bambu, seta, polistirolo e legno, rifiniti al dettaglio (vi è una competizione ufficiale per la miglior costruzione). All’interno vengono posizionate le statue di Durga e dei suoi figli e del demone durante la sua uccisione. Statue che ogni anno vengono finemente realizzate e che al termine del festival vengono consegnate al sacro fiume Gange.

Affascinante, interessante e asssolutamente unico  e speciale è stato per noi poter vivere insieme questo momento per loro così importante, seguendoli all’interno del tempio, osservando insieme la celebrazione, la meditazione e l’adorazione.

Durga Pujo

Ma partiamo dall’inizio…

Ore 6.00 sveglia!

Il rituale prevede, oltre alla sveglia di buona lena, di digiunare finchè non si è stati nel tempio, di farsi una bella doccia e di profumarsi, di vestirsi con gli abiti da cerimonia ovvero Sari per le donne e una tunica lunga per gli uomini.

Rituale eseguito, Ruma ha vestito me e l’altra volontaria  poi ha consegnato a Marco un importante maglia bianca con il simbolo del sole stampato, una svastica, simbolo che da noi purtroppo ha tutt’altro significato anche se in realtà storicamente parlando la sua vera origine è quella indiana.

Poi siamo saliti tutti e sette nella Suzuki Swift…come abbiamo fatto?…ovviamente NOI nel bagagliaio…il posto più comodo e sicuro soprattutto nelle strade indiane…insomma un esperienza!!!!!!

Quando siamo arrivati al tempio ci siamo tolti le scarpe  poi abbiamo partecipato alla celebrazione. Un Guru pronunciava i nomi degli dei contemplati seguiti da alcune preghiere, e noi dovevamo ripeterle…Ci abbiamo provato ma il bengalese ci è ancora un pò ostico. Durante l’adorazione dovevamo tenere le mani giunte con in mezzo i fiori che al termine di ogni “preghiera” donavamo agli dei e ne riprendavamo subito alcuni freschi per continuare la celebrazione.

Al termine ci è stata data una sorta di benedizione con l’acqua del Gange  che poi ci veniva versata un pò nelle mani per essere bevuta…Noi per ragioni preventive di salute abbiamo saltato questo passaggio…infine abbiamo salutato Durga e ci siamo diretti al ristorante per il grande pranzo di famiglia ovviamente con NOI sempre nel bagagliaio.

Per il pranzo, la famiglia ha scelto di portarci in un ristorantino con cucina tipica indiana…decisamente piccante!!!

Dopo aver mangiato tantissimo di tutto siamo tornati a casa sfiniti…

Una giornata indimenticabile piena di emozioni. E’ stato bellissimo ma anche invidiabile vedere la devozione, il rispetto e la fede che ripongono nel loro dio. Tutto questo ci ha fatto però anche pensare tanto alla nostra fede, a quanto spesso ci soffermiamo troppo nel porci domande sulla veridicità o meno dei fatti narratti trascurando così il vero significato della fede, a quanto le tradizioni si stiano affievolendo per venire un pò più incontro alle nostre esigenze e alle nostre abitudini a volte svalorizzando ciò in cui crediamo.

Da domani inizia la nostra ultima settimana quì a Kolkata, in famiglia e con i bambini, ma la casa continua a riempirsi. Dopo l’arrivo di Livia dalla vicina Austria, ieri notte alle 23 è arrivato Nick, un simpatico ragazzo di diciannove anni dal sud dell’Australia…per festeggiare, Vero e Ruma stasera hanno preparato peperonata e chapati per tutti! Olè!!!

E come siamo soliti dire da noi…aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più…

Buona notte!

Marco e Vera

Via le mani dagli occhi…

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Come ogni mattina, dopo un’abbondate colazione, saliamo in macchina con Dev e Kamala per raggiungere il nostro progetto. Le condizioni delle strade e l’incessante traffico fanno si che questo tempo sia all’incirca di un’ora – un’ora e mezzo.

Questo lungo periodo è parte integrante delle nostre giornate e mai sprecato, perchè solitamente Vera ed io ne approffittiamo per arricchire le nostre conoscenze, facendo domande di ogni genere, trovandoci così a parlare di differenze culturali, religiose e di stili di vita…anche coniugali…

Domande…domande che ogni sera prima di addormentarci ci arrovellano, senza spesso riuscire a trovare risposte…

Alcune di queste però, sono arrivate proprio durante queste ore di viaggio dentro la piccola Suzuki Swift color amaranto, e ci hanno letteralmente lasciato spiazzati…

Principalmente ci chiedevamo…come è possibile che in uno stato con un così sbalorditivo tasso di crescita, con un patrimonio culturale così antico e con così tante risorse, si permetta che così tanta parte della sua popolazione viva in una condizione di degrado assoluto? Lo stato si rende conto della condizione in cui versano gran parte dei suoi cittadini?

Chiedere è lecito e rispondere è cortesia ed ecco quello che ci è stato risposto…

A Kolkata circa il 70% dei suoi abitanti versa in una condizione di semi-povertà. Di questa percentuale circa il 20% vive per strada, in baracche costruite alla meno peggio, mangiando ciò che capita, da ciò che riescono a comprare con le poche rupie guadagnate sudando sette camicie per fare lavori saltuari ma massacranti, ai resti di cibo che riescono a trovare fra i rifiuti, che ovviamente sono sparsi in ogni angolo della città, e che sono spesso divisi insieme a mucche, cani, capre e corvi. E in tutto ciò il 40% dei cittadini non ha ricevuto un’istruzione, non sapendo quindi ne leggere ne scrivere.

Lo stato? Lo stato non ha interesse a migliorare la loro condizione, ne a fornirgli un’istruzione…al contrario, il fatto che loro vivano in questa situazione, gli permette di costringerli a continuare a portare avanti il loro impiego in occupazioni sfruttate, malpagate e aberranti. E sia ben chiaro che tutto ciò inizia da quando sono bambini.

Ed è per questo che lo stato finanzia e sostiene solamente circa una decina di associazioni in tutta la nazione intera. Non solo quindi perchè in uno stato con circa 1,2 miliardi di abitanti non è sicuramente facile aiutare tutti, ma principalmente perchè il favorire le associazioni nei loro progetti di aiuto e di educazione, permetterebbe a questa grande fetta del paese di ottenere un senso critico, consentendogli di esprimere le loro idee e di elevarli dalla loro infame condizione.

…a questo punto una nuova domanda ci assale…

Ma noi dove viviamo?…internet, giornali, telegiornali e i famosi “programmi di approfondimento”…perchè nessuno ci aveva mai fatto vedere anche solo in minima parte questa triste realtà…detto e spiegato: un paese che presenta appunto una così grande crescita non si può certo permettere di far passare questa immagine di se. E quindi diventano lecite le menzogne, la censura, le pubblicità ingannevoli e l’occultamento…

La condizione di povertà ci era nota, ma non che questa fosse incentivata per diffusione ed intensità.

Ed è così che questa povertà diventa il loro pane quotidiano…alcune mamme quando gli era stato proposto di mandare i loro figli a scuola hanno risposto <<Ma se mio figlio va a scuola, come fa a guadagnare i soldi per mangiare?>>.

E’ quindi, l’essenziale, il cibo, ciò che permette di sopravvivere e che dovrebbe essere un loro diritto non lo è, rendendo di conseguenza la scolarizzazione e in generale qualsiasi tipo di mezzo educativo e formativo un optional.

Abbiamo scelto di scrivere queste righe, nero su bianco, per coscienza umana, politica e sociale e per mettere almeno per iscritto ciò che non ci è dato vedere, ma oggi sentire, e per evitare di dimenticarci tutto questo una volta tornati a casa, nella nostra isola felice…

Marco e Vera

Do You Understand? Basta poco che ce vò!

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E’ possibile che in tutta Calcutta, gli unici ad avere la pelle sbiadita, simile ad un rubinetto di sudore, che riflette anche in pieno giorno…siamo noi?

Forse solo ora capiamo come si possono sentire alcuni immigrati in certi piccoli paesini di montagna…

Tutti ci guardano come fossimo extra-terrestri…c’è chi ci si ferma davanti e ci guarda in modo un pò ambiguo (quasi da aver paura), c’è chi è come se avesse visto due star di una fiction di Bengal Tv e salta sul posto salutandoci a distanza di chilometri…ma in cima alla top ten con il miglior saluto ci sono sempre i bambini…che ogni volta che ci vedono, ripetono urlando una raffica di Hi! Hi! Hi! che inizialmente avevamo scambiato per un lamento di dolore!

Alcuni addirittura si spingono per stringerci la mano, altri, i più grandi, riescono persino a trovare il coraggio di urlare alla Vero “How are you baby?”, girandosi frettolosamente appena incrocio i loro sguardi.

In nessun altro posto però, ci è mai capitato di ricevere così tanto affetto e rispetto…tutti sono sempre molto disponibili a rispondere alle nostre domande che la maggior parte delle volte non comprendono ma a cui comunque, talvolta aiutandosi fra di loro, con gesti e un misto di hindi e inglese rispondono.

In certi casi ne usciamo un pò storditi, in quanto spesso dopo esserci rivolti ad una persona ci ritroviamo ad interloquire con circa 5-6 persone, dando luogo ad un vero e proprio brainstorming!!!!….é troppo surreale, ma bello, perchè ciò che ha dell’incredibile è che in tutto questo ci capiamo.

Anche oggi ne abbiamo avuto la conferma…è successa una cosa simpatica e speciale che ci ha fatto ridere per ore.

Finite le ore di servizio la madre di un bambino, nonchè volontaria locale dell’associazione,  si è offerta di accompagnarci a prendere un taxi, visto che Kamala, la responsabile, era dovuta andare via prima. Durante tutto il tragitto non ha fatto altro che parlare in hindi alla Vero, la quale si limitava a seguirla con sguardo empatico, a fare qualche accenno con la testa, e ad esclamare “yes” o ” It’s true?” quando lo credeva opportuno….la signora era felice, rideva e la Vero pure….Fate Robe direbbereo i nostri nonni. E non è finita qui, tante sono le persone che incrociamo per strada che ci chiedono da dove veniamo, cosa facciamo qui, con cui iniziamo a chiacchierare del più e del meno e che alla fine della conversazione ci chiedono la mail, un numero di telefono o addirittura il nostro nome in Facebook, dicendoci”Se verrò mai in Italia ti chiamo eh?!!!”.

Ed è così che un altra giornata è passata tra il caldo bestiale, la magliatta sudata e nuove facce conosciute…Belli però questi indiani, a loro modo iniziano a farci sentire un pò a casa.

Anche in famiglia non ci fanno mancare niente, ne siamo a tutti gli effetti membri. Ieri abbiamo passato la nostra domenica pomeriggio in casa, Marco a dare lezioni di chitarra al figlio di Ruma, ovviamente in inglese..facile…poi tutti insieme abbiamo cantato qualche canzone (con tanto di riprese con il cellulare) portando anche qua il nostro spirito canterino. Infine grande cena all together! La Vero, con la collaborazione di Ruma, ha preparato gli strozzapreti all’italiana…o perlomeno ci ha provato,  perchè che al posto del pomodoro loro usano il ketchup quindi, diciamo un pò acidini ma buoni…almeno la Vero ha mangiato qualcosa.

Il prossimo piatto richiesto da Ruma & Family è il pollo alla cacciatora…se qualcuno ci volesse far avare una ricetta, è ben voluta.

The Show Must Go On…

Vera e Marco

C’era una volta un telone blu…

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Notte con sonno travagliato…

L’andata a letto è alle ore 20, praticamente quando noi solitamente in Italia iniziamo a pensare cosa cucinare per cena. La sveglia è alle 4.00 della mattina “per loro” perchè per noi è ancora piena notte e in famiglia la nostra sveglia è alle 6.30, anche se effettivamente dalle 4.00 il nostro vicolo, abitato da circa 1000 persone tutte dentro una media di 30 “case”si sveglia e ci sveglia( perchè qua le finestre non anno ne vetri ne scuri, sono semplicente buchi a forma quadrata con inferiate di ferro arrugginito e chissà cos’altro), mettendo su musiche indiane, facendo canti di adorazione al proprio Dio e poi c’è chi litiga con la moglie e chi con il marito, chi suona incessantemente il clacson a cui spesso rispondono abbai di cani già pronti per il giro mattutino alla ricerca di qualcosa che li sfami.

Dopo tutto il rumore di questa banda come si fa a riprendere sonno a chiudere gli occhi e dire posso dormire ancora due ore? Bè con un pò di difficoltà iniziamo a farcela.

Alle 8.00 dopo una nutriente colazione a base di latte bollito e ribollitto con  cereali e banane annesse , siamo pronti per partire e raggiungere il luogo in cui  ci aspettano i nostri nuovi compagni di avventura…..Il tragitto dura circa un ora. Ad un certo punto Dev accosta senza intralciare il traffico indiano, ed insieme a Kamala ci incamminiamo e dopo aver attraversato i  binari ( attivi ) ci inoltriamo in una piccola stradina sterrata piena di buche piene d’acqua a causa della pioggia, in cui piccoli ranocchietti di 3, 4, 5 anni sguazzano e giocano tutti nudi e senza nulla ai piedi ovviamente….appena ci vedono ci vengono incontro curiosi di toccare tutto ciò che abbiamo addosso: pantaloni, magliette, zaini….  contemporaneamente arrivano anche bambini più grandi. Da una tenda fatta di sportine di plastica esce un bambino con un cesto enorme con dentro quaderni, libri e pennarelli,  il materiale  che ogni giorno utilizziamo per permettergli di fare un pò più i bambini senza dover andare in giro per le strade a chiedere la carità, e che ogni giorno Kamala lascia loro in custodia.

Lo stesso bambino tira  fuori sempre dalla tenda un telone di plastica, una volta probabilmente blu, ma che ora ha un colore più tendente al marroncino (e non vogliamo sapere perchè), che Kamala ci spiega sarà il nostro appoggio. Superando i primi schizzinosi tentennamenti, ci togliamo le scarpe e ci sediamo insieme ai bambini, che straniti dal colore dei capelli di  Veronica, ne approfittano subito per accarezzarglieli.

Inizia così una breve ma intensa lezione di inglese…su un telone “blu”, dietro ai binari di una ferroviain luogo a noi tanto estraneo e distante, ma a loro così familiare da renderli sicuri…perchè quella è la loro casa e non c’è niente che meglio conoscano.

Questo è quanto ci è rimasto più impresso di loro, nonostante la loro condizione sia precaria ed innaturale, hanno sempre un sorriso da donare e una irrefrenabile vivacità…bambini esternamente nudi, ma con dentro tanta gioia e vitalità.

Purtroppo capita anche di assistere ad una mamma che, di fronte al suo figlio che piangeva perchè era stato colpito da un amico, decide di arrabbiarsi con lui invece di consolarlo, rincarando la dose tirandogli una serie di ceffoni a mano aperta sulla schiena, come se non fosse permesso piangere…tanta angoscia e rabbia ci hanno assalito, ma la lingua ci ha reso inizialmente disarmati…ma per fortuna c’era Kamala!

Dopo aver lasciato un pò di spazio al disegno e al libero sfogo, è arrivata l’ora del pranzo a base di due frittelle e un pò di zuppa, il tutto servito in una ciotolina molto bio composta da foglie intrecciate. I bambini non spingono e non urlano, si mettono da soli in fila con le loro mamme, aspettando il proprio turno.

Dopo averli salutati, tante domande sono affiorate: perchè loro e non noi? perchè è permesso tutto questo? perchè ciò che ai nostri occhi è un problema, ai loro la normalità?

Così tanti perchè che la testa inizia a pesare e arrivati a casa il peso è talmente forte che siamo crollati…ma per fortuna che siamo in due…noi due.

Namaste

Vera e Marco

L’essenziale è invisibile agli occhi…

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8,5 ore Londra-Delhi

2 ore Delhi-Kolkata

Eccoci alla seconda (anche se forse in realtà è la prima) meta del nostro viaggio RTW.

Tante volte in televisione abbiamo visto immagini di Calcutta o dell’India ma niente di tutto ciò riesce a rendere l’ idea e forse neanche queste parole, di quanto vederle con i propri occhi o addirittura toccarle con mano. La famiglia che ci ospita vive in una “casa” immersa in tutto questo. L’impatto è stato forte…forse non eravamo abbastanza preparati o forse è semplicemente impossibile prepararsi con stomaco, mente e occhi a tutto questo, che ieri ci sembrava inavvicinabile e che già oggi invece sentiamo nostro.

<<….da oggi farete parte anche voi della nostra famiglia…if some people ask you “how are you?” you can now say that you are family friends…>>

Non sono solo parole rassicuranti, sono di più, sono parole agite attraverso la calorosa accoglienza che ci riservano, gli sguardi attenti e protettivi, la premurosa domanda che spesso ci rivolgono << it’s ok?>> e infine la sincera voglia di raccontare e raccontarsi con il cuore…lo stesso cuore che Dev (responsabile del progetto) ci suggerisce di aprire al posto degli occhi per poter meglio comprendere e conoscere questa incredibile e poliedrica cultura.

Da domani inizieremo a conoscere più da vicino tutto ciò che ha lasciato i nostri volti decisamente basiti e stravolti (senza esagerare) di fronte alla estrema povertà incontrata per le strade e per ora guardata solo da lontano, dal finestrino della Maruti Suzuki Swift di Dev.

Una macchina con la quale ci ha mostrato un po’ della città con i suoi angoli meno battuti. Una città davvero enorme, circa 65 km da nord a sud, con milioni di abitanti caotici, che si spostano con risciò, variopinti autobus traballanti e traboccanti di persone e talvolta animali, ape-car rivisitate e svariati tipi di motorini in cui il numero di persone a bordo non è determinato dalla lunghezza della sella, ma dalla necessità. Il tutto caratterizzato da uno stile di guida bizzarro, reso ancora più colorito dalla continua ricerca di evitare buche grandi quanto canyon creatisi dalla pioggia, tori e mucche pascoleggianti per le strade.

Ma ritornando a domani sperimenteremo la vera essenza del progetto che Dev tiene a descrivere così: <<La differenza tra il nostro progetto e gli altri presenti in India, sta principalmente in due punti: per prima cosa a differenza di altre associazioni qui presenti noi non percepiamo milioni di dollari dall’estero e in secondo luogo non portiamo I bambini in una struttura esterna confortevole ma limitante per le loro abitudini e per il loro stile di vita, ma siamo noi a recarci presso le loro abitazioni promuovendo l’istruzione e fornendo loro un pasto…tutto questo cerchiamo di farlo col cuore e con un bel sorriso>>.

A presto nuove notizie.

Namaste